Polmonite da inibitori del checkpoint immunitario

La terapia combinata a base di inibitori del checkpoint immunitario e chemioterapia sembra associarsi significativamente a tossicità polmonare rispetto alla somministrazione dei soli inibitori del checkpoint.

Lo suggerisce un’analisi di disproporzionalità condotta sulle segnalazioni raccolte da VigiBase tra il 1967 e il 2020 e dal FAERS tra il 2015 e il 2020. L’analisi ha incluso 3.450 casi di polmonite correlati a inibitori del checkpoint immunitario provenienti da VigiBase e 3.278 dal FAERS con un tempo mediano di insorgenza rispettivamente di 62 e 40 giorni dopo l’inizio della terapia.

La terapia concomitante di inibitori del checkpoint immunitario e chemioterapia si associava significativamente alla comparsa di polmonite in entrambi i database di segnalazione spontanea (Reporting Odds Ratio - ROR VigiBase 1,35, limiti di confidenza al 95% da 1,18 a 1,52; ROR FAERS 1,39, limiti di confidenza al 95% da 1,27 a 1,53) rispetto ad altri regimi che prevedevano l’uso di questi farmaci, inclusa la monoterapia.

Tra i farmaci della classe, gli anticorpi anti-PD-1 e anti-CTLA-4 sono quelli che abbinati alla chemioterapia hanno mostrato la più forte associazione con la polmonite.

Rimane poco chiaro il meccanismo che sottende questo evento avverso, ma si suppone possa essere legato all’attivazione delle cellule T dirette contro antigeni espressi da cellule sia tumorali sia sane.

Nella pratica clinica, nonostante la bassa incidenza di polmonite e le prove solide a favore della terapia combinata, diventata uno dei regimi di trattamento di prima linea per vari tumori, l’uso concomitante di inibitori del checkpoint immunitario e chemioterapia dovrebbe essere valutato attentamente caso per caso.